Arturo Benedetti Michelangeli, (1920-1995)
Pianista fra i più celebri, ammirati e mitizzati del Novecento, nacque a Brescia il 5 gennaio 1920, primogenito di Giuseppe e di Angela (detta Lina) Paparoni.
Fu battezzato il 29 gennaio con i nomi Arturo, Francesco, Andrea, Giovanni Maria. La madre, nata a Terni, indicata nell’atto di battesimo del figlio come «casalinga con diploma di maestra»; il padre, nato a Foligno e laureatosi in giurisprudenza a Bologna, dopo aver contratto una malattia polmonare durante la permanenza al fronte nella prima guerra mondiale, aveva abbandonato la professione forense e, avendo studiato anche la musica, la insegnava privatamente. I genitori si erano trasferiti a Brescia, da Massa Marittima, il 22 dicembre 1919.
Dopo le prime lezioni di pianoforte ricevute in casa il piccolo Arturo fu iscritto nell’Istituto musicale Antonio Venturi della sua città, allievo di Paolo Chimeri per il pianoforte e, per breve tempo, di Maria Francesconi Trentini per il violino. Verso il 1930 lasciò l’istituto cittadino e proseguì gli studi a Milano, privatamente, con Giovanni Anfossi, insegnante nel Collegio reale delle Fanciulle e titolare di una scuola di sua proprietà. Sostenne l’esame di patente di pianoforte nel Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano nella sessione autunnale dell’anno scolastico 1930-31; nello stesso conservatorio sostenne da privatista, il 12 giugno 1934, l’esame di diploma, ottenendo nelle diverse prove punteggi da 6 a 10, con una media di 8,50. Il programma della prova di esecuzione vera e propria, classificata con 10 e comprendente il primo libro delle Variazioni su un tema di Paganini op. 35 di Brahms e i Jeux d’eau di Ravel, dimostra che il quattordicenne Benedetti Michelangeli era un pianista completo. Questa, si può dire, era ed è in verità la norma per tutti i ragazzi in possesso di eccezionali doti naturali. Era ed è però consuetudine, se non vera e propria norma, che dopo una prova di questo genere il ragazzo iperdotato prosegua gli studi con un altro maestro.
Nel 1933 era stato inaugurato nell’Accademia di S. Cecilia di Roma il corso di perfezionamento tenuto da Alfredo Casella, e a Tremezzo sul Lago di Como si svolgevano dal 1934 i corsi estivi tenuti da Artur Schnabel. Benedetti Michelangeli non approfittò di queste occasioni che gli erano offerte dalla non florida vita musicale italiana, e dopo il diploma continuò a studiare con Anfossi, che non era concertista e non aveva mai avuto allievi che si fossero affermati nel concertismo a livello internazionale, ma era uomo di vaste e altolocate relazioni sociali. Sotto la sua guida Benedetti Michelangeli intraprese la strada dei concorsi: si classificò secondo in due competizioni nazionali, a Genova nel 1936 e a Firenze nel 1937, e nel 1938 prese parte alla prima edizione del concorso di Bruxelles, patrocinato e finanziato dalla regina-madre Elisabetta del Belgio. Gli 84 concorrenti iscritti si ridussero nella finale a 12. Vinse Emil Gilels, Benedetti Michelangeli si classificò al settimo posto. Come sempre avviene in questi casi, non essendo possibile mettere in discussione la superiorità del ventiduenne Gilels, si disputò sulle altre posizioni. Parecchi critici ritennero che il diciottenne Benedetti Michelangeli fosse stato penalizzato, si insinuò anche che proprio il giurato italiano Carlo Zecchi avesse provveduto con un voto bassissimo all’insoddisfacente classificazione del connazionale. La seconda classificata, l’inglese Moura Lympany, racconta che Benedetti Michelangeli si trovò in gravi difficoltà con il Concerto n. 1 di Jean Absil, inedito, che i 12 finalisti dovettero eseguire dopo due settimane di studio. Arthur Rubinstein, che faceva parte della giuria, dice semplicemente che «Arturo Benedetti Michelangeli, il famoso artista italiano, offrì allora un’esecuzione insoddisfacente, sebbene mostrasse già di possedere una tecnica impeccabile» . La regina Elisabetta, appassionata dilettante di violino, invitò Benedetti Michelangeli a corte e suonò con lui, ed è probabile che comunicasse le sue impressioni alla figlia Maria José, moglie dell’erede al trono italiano.
La rivincita giunse nel luglio dell’anno dopo a Ginevra, nella prima edizione del concorso che avrebbe avuto una lunga vita. Alfred Cortot, membro della giuria, affermò che era nato un nuovo Liszt e con questo autorevolissimo viatico la carriera internazionale di Benedetti Michelangeli era ormai spalancata, ma in settembre scoppiò la guerra, e quindi le prospettive appena aperte si chiusero immediatamente.
La vittoria nel concorso gli fruttò però la nomina per titoli a professore di pianoforte nel Conservatorio di Bologna, e il servizio militare gli fu reso il più blando possibile, si mormorò, per un sotterraneo intervento della Real Casa. Durante la guerra poté così suonare spesso in Italia (spessissimo alla Scala di Milano) e poté fare qualche puntatina all’estero (Berlino, Ginevra, Zurigo, Barcellona). Nel 1943 sposò una coetanea, allieva di suo padre, Giuliana Guidetti. Interrotta l’attività concertistica fra il giugno 1944 e il maggio 1945, e scampato ai rastrellamenti tedeschi nascondendosi in casa di amici, riprese a suonare in pubblico il 26 giugno 1945 alla Scala. Nel 1946 esordì a Londra, riannodando in pratica il filo che era stato interrotto nel 1939. Nel 1947 prese parte a una tournée dell’Orchestra della RAI di Torino che toccò la Svizzera, il Belgio e l’Inghilterra, nel 1948 esordì negli Stati Uniti e in Canada, nel 1949 in Argentina.
La sua attività concertistica si coniugò sempre con l’insegnamento, prima al Conservatorio di Venezia e poi al «Claudio Monteverdi di Bolzano», dove rimase fino al 1959 e dove fu tra i fondatori di uno dei massimi concorsi pianistici internazionali in Italia, quello intitolato a Ferruccio Busoni. Arturo Benedetti Michelangeli aveva un carattere notoriamente difficile. Quando negli anni Sessanta gli fu addebitata la responsabilità del fallimento di una casa discografica da lui fondata, la BDM, decise di non suonare più in Italia e di trasferirsi in Svizzera. Decisione sempre rispettata, anche se nel 1980 tenne un concerto di beneficenza al Teatro Grande in memoria di Papa Paolo VI e in favore dei rifugiati indocinesi in Thailandia; la sua ultima apparizione in pubblico avvenne ad Amburgo il 7 di maggio del 1993. Il grande pianista bresciano riposa nel cimitero di Pura, nella Svizzera del Canton Ticino, meta ogni anno di tanti appassionati alla somma arte interpretativa di questo maestro del pianoforte.